19.12.2013 – #500SCHIAVI AL MIBACT

SIT-IN  VENERDI’ 20 DICEMBRE – ORE 14 PIAZZA DEL COLLEGIO ROMANO – ROMA 

Il 7 dicembre 2013 la pubblicazione del bando Mibact “500giovani per la cultura”, come parte del pacchetto Valore Cultura, varato dal Governo questa estate e finalmente reso pubblico nelle cifre e nelle forme, ha  suscitato la reazione  di migliaia di lavoratori dei BB.CC., della associazioni professionali e dei sindacati, che riuniti in un variegato movimento di opinione, hanno lanciato l’hashtag #500schiavi, segnalando le incongruenze e la delusione per un provvedimento a lungo atteso e annunciato e che ha mostrato invece tutte le sue crepe.

Il 16 dicembre 2013, in seguito alle numerose proteste, il Ministero ha provveduto a modificare il bando portando l’impegno orario a 600 ore annuali e aumentando la possibilità di congelamento del tirocinio per motivi di studio fino ai tre mesi: rendiamo atto al Ministro di aver dato seguito agli impegni presi pubblicamente. Resta però la convinzione che in questa fase fosse necessario dare un segno deciso per il riconoscimento dei professionisti dei Beni Culturali, per la buona occupazione e per sconfiggere la cultura della “collezione di titoli” che rimangono difficilmente spendibili.

Definire “tirocinio formativo” un bando destinato ad adulti di 35 anni, chiamati “500 giovani”, per i quali è prevista una retribuzione di 5000 euro lordi per un intero anno, ci sembra una beffa, dopo aver annunciato nuove assunzioni: con le nuove modifiche sono stati rimossi i due aspetti deteriori del bando, il possesso obbligatorio di una certificazione linguistica e il limite a 110/110 per il voto di laurea, ma non si può non restare scettici rispetto ad altri aspetti.

L’età anagrafica richiesta (il bando è aperto fino a chi abbia compiuto 35 anni alla data di pubblicazione), pur prevista dalla legge, sembra valida solo su carta se si considera che per legge ai tirocini non possano accedere i laureati da più di 18 mesi.

Inoltre si fa notare che né il Mibact, né altre strutture pubbliche ad oggi prevedano posti in pianta organica che richiedano la sola laurea triennale, rendendo il tirocinio formativo, difficilmente spendibile per future esperienze lavorative, a meno di non pensare ad un’assunzione ope legis dei partecipanti, cosa alla quale saremmo contrari nel modo più assoluto.

Anche la durata di 1 anno, rispetto ai 6 mesi previsti dalla legge, e l’impegno settimanale da concordare con gli istituti in cui si fa il tirocinio (gli uffici pubblici lavorano almeno 30-35 ore settimanali), rendono questo provvedimento un lavoro sottopagato più che un tirocinio, cosa più grave se proposta dallo Stato, consentendo per la prima volta nel pubblico la coesistenza nello stesso posto di lavoro di figure analoghe  con contratti differenti.

Il tema non è solo se la forma del bando è legale o meno, ma se è politicamente accettabile che si risponda alla fame di lavoro e stabilità con un provvedimento che bene che vada coprirà con pochi investimenti il tempo di un anno.

Avremmo preferito soluzioni diverse che affrontassero con determinazione i grandi fattori di crisi del mercato del lavoro connesso ai beni ed alle attività culturali, che ponessero al centro della loro azione tutele e opportunità,  che i servizi pubblici fossero messi in grado di programmare correttamente i propri fabbisogni professionali e occupazionali, senza ricorrere a forme surrettizie e mortificanti di sostituzione di carenze di professionalitá interne sempre più evidenti, frutto di politiche sbagliate di tagli lineari al costo del lavoro. In questo senso le poche risorse disponibili andrebbero indirizzate a processi di buona occupazione, sia per l’organico interno che per l’indotto. Riconoscendo e tutelando le condizioni professionali che a vario titolo lavorano per garantire servizi ai cittadini.  E utilizzando la formazione come vera opportunità di inserimento occupazionale dei giovani.

Sono migliaia (ma ad oggi manca un censimento attendibile di quanti effettivamente siano!) i professionisti già formati e altamente qualificati, la maggior parte dei quali ben oltre i 35 anni, che da anni –talvolta da decenni- collaborano col Ministero nelle attività di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, con contratti sottopagati delle più disparate tipologie che spesso incorrono in veri e propri illeciti amministrativi, avremmo voluto provvedimenti rivolti a loro, scongiurando con l’impegno di risorse la scomparsa professionale di generazioni intere, che la mancanza di certezze e la crisi  economica stanno spingendo fuori dal mercato del lavoro.

Per questi motivi, abbiamo convocato un sit-in per il 20 Dicembre 2013 alle ore 14, presso la sede del Mibact a Roma, al Collegio Romano.

Questa è una tappa di un percorso che nel prossimo mese ci riporterà in piazza, l’11 gennaio a chiedere il ritiro del provvedimento e una riformulazione dell’impegno economico dei 2.500.000 di euro  stanziati.